“Come gatti sotto la pioggia” episodio 2 della serie “Cuore di gatto”.

Eccoci arrivati al secondo episodio della serie “Cuore di gatto” abilmente scritto e amalgamato da due abili autrici: Cristina Origone e Sara P. Grey che si sono alternate nella stesura di questi racconti (quattro in tutto) per raccontare storie che hanno per protagonisti anche i nostri amici felini.

Come gatti sotto la pioggia” mi ha particolarmente colpito per la scrittura toccante, chiara, precisa, ma soprattutto struggente di una Sara P. Grey che scopro, in qualità di scrittrice, per la prima volta e alla quale vanno le mie lodi.

Il racconto di Licia che, con la complicità e l'immancabile presenza del piccolo micio randagio che ha adottato, si racconta con la spontaneità di una ragazza dei giorni nostri a cui la vita non sorride apertamente, mi ha trasmesso tanta emozione.

Licia è una di noi.

Una ragazza sola, che dà una mano ai suoi condomini, assistendo quelli più anziani, pulendo i cortili, occupandosi di piante, facendo persino da compagnia a chi si sente più solo, e a volte trascura se stessa.

Per fortuna c'è Gatto, quello che lei ha chiamato così non trovando alcun nome disponibile sul momento, nome che poi gli verrà affibbiato da una sua anziana vicina, così diventa Saverio, un micio tanto dolce e sbarazzino da aiutarla a seguire un percorso quasi introspettivo ma anche prepotentemente importante quando si accorge dell'infatuazione che la ragazza nutre per Andrea.

Non so quanti di voi pensano che la presenza di un amico a quattro zampe possa giovare alla vita di un essere umano, ma credo fermamente che questo sia sempre un piccolo grande miracolo e che questi magnifici esseri umani, perché tali sono, vengano mandati dall'Alto per sostenerci, per trasmetterci amore, per rassicurarci, per farci sentire meno soli.

Ecco, il tema della solitudine mi ha particolarmente colpito, così come alcune riflessioni che si pone l'autrice attraverso la parola della sua protagonista.

 

Dal capitolo intitolato: Così vicino, così lontano.

Generalmente, l'essere umano è una creatura abbastanza semplice, mossa da pulsioni basiche che hanno come motivazione principale la soddisfazione di un bisogno. Fame. Sete. Protezione. Col tempo ci siamo evoluti e abbiamo cominciato a soddisfare anche i bisogni secondari, oltre a quelli primari, ma la spinta resta sempre la stessa: il riempimento del vuoto, la gratificazione immediata di un impulso, la fuga dal pericolo, reale o meno che sia. Il meccanismo di difesa, ormai, scatta per un nonnulla. Siamo un popolo di creature molto sensibili, siamo diventati fragili. E non sappiamo più gestire il dolore, nel fisico e nell'anima. Faremmo tutto per evitarlo.

Ecco perché ingoiamo manciate di pillole al primo presentarsi dei sintomi del raffreddore, ad esempio, invece di lasciare che faccia il suo corso e gli anticorpi il loro dovere. Ecco perché l'alcool, le droghe e il sesso rappresentano valide scappatoie in cui cercare rifugio, quando qualcosa non va secondo i nostri piani.

Ci sentiamo soli, disperati, sull'orlo del baratro, cerchiamo conforto sul fondo della bottiglia o nel corpo caldo di un altro essere umano.

 

Questa storia mi ha accarezzato, tenuto compagnia, dato tanto conforto e fatto riflettere. Perché, come Licia, penso le stesse cose, credo che siamo persone, tutte, molto vincolate dai canoni e dalle regole che ci impone la società, dimenticando l'individuo, perché in fondo siamo tutti diversi.

Quindi un amico a quattro zampe può essere una presenza in grado di farci capire l'importanza che abbiamo in primis per noi stessi e poi per il resto del mondo.

 


LA MIA VALUTAZIONE.


 



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