“I miei giorni alla libreria della felicità” dell'autrice Cali Keys, della quale in italiano si è tradotto probabilmente solo questo testo, è una delle storie più paradossali che abbia mai letto – e me ne sono capitate ben poche alla stessa stregua. A volte mollavo persino la presa, altre resistevo, come in questo caso.
PARTIAMO DAL PRINCIPIO.
Avevo acquistato l'eBook di una storia che credevo cozy, come si usa dire negli ultimi tempi, ovvero accogliente, tranquilla, confortevole, pronta a raccontare di abitudini domestiche che scaldano il cuore, che ti fanno sentire in una sorta di rifugio mentre leggi e che ti trasmettono la calma e la bellezza delle piccole gioie della vita.
Però...
Mi sono dovuta ricredere dopo poche pagine, anche perché questo romanzo, pur essendo cominciato col piede giusto, in seguito è proseguito sicuramente con quello sbagliato, aggiungendo elementi che avrebbero potuto raccontare molto bene una storia particolarmente delicata, e soprattutto dedicata ad animi sensibili. Infatti, si argomentano con buone prospettive di linguaggio e di conversazioni dei temi seri come l'abbandono, la perdita di un familiare, la distanza, la solitudine, le crisi esistenziali, la salute mentale. Tutti elementi di spessore che avrebbero potuto e dovuto costruire un testo di valore, amalgamando questo e quello fino a costruire una trama lineare, impegnata ma concreta, capace di raccontare sul serio, e soprattutto adatta a una lettrice o a un lettore dalle giuste aspettative, viste le premesse presentate anche attraverso la trama nella pagina di vendita dell'opera.
Purtroppo, nulla di tutto ciò è avvenuto anche se, come ho detto, le premesse in principio sembravano tutte presenti.
Capitolo dopo capitolo, le vicende di una protagonista di nome Lucie, a proposito siamo in Francia, che dalla capitale si sposta in una dimora di famiglia in Bretagna dove pensa di ritrovare se stessa nel corso di un periodo particolarmente difficile della sua esistenza, diventano quasi una macchietta. Una commedia che sembra costruita per ridicolizzare gli stessi personaggi in tutte le situazioni in cui si muovono.
Nasce una combriccola un po' malandata di volti molto diversi tra loro: un uomo anziano, una libraia, una ragazza sola, una pasticcera, addirittura la presenza di animali come un gabbiano quasi domestico, un chihuahua, che diventano presenza fissa, o quasi, nella storia, per contornare qualcosa che non aveva di certo bisogno di un debole contorno, ma semmai di maggiore forza nello sviluppo della trama stessa.
Ci sono storie che ti restano incollate addosso, che leggi tutto d'un fiato e che vorresti non finissero mai. E poi ci sono storie come questa che diventano una tortura, che vorresti finissero in breve tempo ma che si protraggono come in una lenta e triste agonia, per certi versi persino dolorosa, dato che è stata scritta appositamente e sembra adatta a deprimere piuttosto che a essere una lettura di conforto.
Da tempo non leggevo nulla di così insulso, di così poco gradevole, di così assolutamente assurdo.
La storia evolve, in vari passaggi, raccontando della quotidianità apatica, mesta, a volte lenta, troppo lenta di ogni personaggio, affinché si mescolino le loro vicende, facendo un polpettone bello grosso che poco serve, ma che mette insieme componenti di un'opera che avrebbe potuto essere tutt'altra cosa.
Strano, vero?, che un lettore debba dire: “Sul serio?”
Ho letto dalle recensioni che quest'opera è stata persino un successo in Francia. Beh, allora qua c'è qualcosa che mi racconta di una differente visione delle cose in campo editoriale, di una prospettiva che nulla ha a che fare con quella italiana, su certi livelli e per molti aspetti.
CONCLUSIONI
Ho faticato molto ad arrivare alla conclusione. La lettura è stata lenta, difficile, inutile – nel senso che avrei preferito utilizzare meglio il mio tempo - ed è una storia che non consiglierei neanche a un adolescente annoiato.
LA MIA VALUTAZIONE


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